Opere Complete, vol. 6
(...) l’atto di percezione di una coscienza matura consiste nell’«animazione» dello schema percettivo e nella «realizzazione» dei suoi contenuti come contenuto di esperienza attuale. Le attuazioni percettive, come ogni manifestazione vitale, benché siano sempre originali, non si costruiscono mai «ex novo» o «ex nihilo», ricominciando sempre da capo; ogni atto di percezione va piuttosto considerato in relazione alla crescenza e alla maturità psichica raggiunta dal soggetto. L’entità di tale crescenza è data dal grado di «epurazione» dello schema percettivo: la epurazione non può essere portata a termine che dalla cogitativa, la quale viene così a collocarsi, anche fenomenologicamente, al centro della vita interiore.
Cornelio Fabro
Avvertenze riguardanti il volume
La conclusione della giovanile opera «La fenomenologia della percezione», se era stata chiara, e certamente fondata e terminante per quanto riguardava il «“primato del Tutto” nell’ambito dell’assimilazione conoscitiva» (Opere Complete, vol. 5, 399), sarebbe comunque rimasta a metà strada se non fosse stata seguita da quella «ricerca funzionale» e «puramente oggettiva» che l’egregio Autore ci offre nel presente volume. Bisognava, infatti, prospettare una teoria della percezione che facesse giustizia alle conclusioni acquisite, senza cadere in riduzionismi dovuti all’assunzione di principi sistematici. Così, concludeva il Fabro, «sarà riconosciuta al tutto adeguata quella teoria della percezione che riuscirà, nel campo della fenomenologia, a specificare il principio della Totalità senza incappare nelle secche del monismo gnoseologico; e sarà filosoficamente fondata quando riconoscerà, tanto al soggetto come all’oggetto, considerati come due totalità corrispondenti, un proprio momento decisivo nella costituzione dell’atto conoscitivo» (402).
È dunque desiderio esplicito dell’Autore che i due volumi, «La fenomenologia della percezione» e «Percezione e pensiero», siano presi come un’unità: «Come la fenomenologia abbia operato tale rivoluzione, quali siano i suoi metodi ed i suoi risultati, è stato detto con particolare diligenza ed ampiezza in altro volume, La fenomeno-logia della percezione, di cui il presente vorrebbe essere la continuazione dal punto di vista, non più fenomenologico, ma strettamente speculativo (...). La fenomenologia descrittiva è certamente indispensabile alla posizione dei problemi, ma da sola non ne risolve alcuno: o meglio essa acuisce il vero interesse dei problemi, prospetta l’itinerario da seguire, ma non lo può percorrere perché ciò è oggetto d’interpretazione e non più di “descrizione”. Il presente volume è sorto da quell’interesse e vuol percorrere l’itinerario suggerito dalla nuova Fenomenologia per un’interpretazione d’insieme degli oggetti, degli atti e delle funzioni della conoscenza. Insoddisfatto delle acquiescenze e degli accostamenti generici, sono passato ad un’elaborazione sistematica dei problemi, non pochi e non lievi, che la ripresa di quella connessione sollevava, almeno per me, senza arrestarmi o nascondere a me stesso le asperità del cammino. Del resto l’indole ed i varî aspetti del problema sono stati delineati con ampiezza e sincerità tanto nell’Introduzione come nella Conclusione del volume citato (Sezione III, c. VIII, 4), a cui mi permetto di rinviare come all’Introduzione obbligata anche di questo volume» (Percezione e Pensiero, 5-6).
Non saranno certamente sfuggiti al lettore attento quei delicati accenni del brano appena citato che ci fanno conoscere un po’ meglio l’anima dell’Autore e lo spirito con cui Egli si accinse alla stesura del lavoro: è possibile leggervi, oltre le manifeste intenzioni speculative, la fatica e la passione, l’entusiasmo e la dedizione, il sacrificio e l’impegno dello studioso e del sacerdote profondamente innamorato della verità.
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L’opera ebbe due edizioni, la prima nel 1941 e la seconda una ventina d’anni dopo, nel 1962. La differenza forse più importante è l’omissione di un capitolo intero, il VI della prima edizione, che noi abbiamo riportato in appendice.
Per confrontare le citazioni dei testi, soprattutto a cagione di certe differenze fra le due edizioni, abbiamo usato le stesse edizioni con cui lavorò Fabro e, di solito, perfino gli stessi suoi libri personali, per garantire col massimo grado di certezza possibile la consistenza e serietà dei suggerimenti o delle osservazioni inserite nelle note. Nelle citazioni tedesche, ogniqualvolta l’abbiamo trovato nell’originale, ci siamo permessi d’inserire il segno «ß», al posto del quale le precedenti edizioni usano sempre «ss».
Riteniamo un dovere ringraziare vivamente il confratello P. Lic. José Montes, IVE: dal suo generoso impegno, con un lavoro d’inestimabile valore per la presente edizione, trae vantaggio il gentile lettore.
Soltanto a titolo informativo indichiamo alcune recensioni e studi sull’opera: A. Rossi (rec.), Divus Thomas Piac. XVI (5-6, 1943); J. Hellín (rec.), Estudios Ecle-siásticos (apr., 1943); J. J. Sanguineti, «Ermeneutica dell’apprendimento percettivo», Euntes Docete L (1-2, 1997) 195-211; G. De Anna, «Cornelio Fabro tra tomismo e psicologia cognitiva: una soluzione neo-aristotelica al problema gnoseologico», in Per Cornelio Fabro (a cura di D. Castellano), Udine 1999, 67-89. C’è anche una traduzione spagnola, di Juan Francisco Lisón Buendía, con un pregevole studio introduttivo del traduttore: Percepción y pensamiento, Eunsa, Pamplona 1978.
P. Christian Ferraro, IVE
10 febbraio 2008