Il nichilismo «vuole» essere l'ultima parola della filosofia. Come Prometeo è legato da Giove alla rupe e straziato dall'avvoltoio per la sua arroganza; come Caino è condannato ad andare ramingo sulla terra per il suo fratricidio e porta in fronte il segno della maledizione divina; così l'uomo, nel mondo moderno, è caduto nell'insignificanza e nella disperazione e non riesce a trovare - come Ulisse - la via del ritorno. Rimane tuttavia la possibilità di trovarla, ma per oppositam viam. «Questa via porta a Londra?» è la ipotiposi che Kierkegaard propone al principio e verso la fine del cammino spirituale affidato al suo Diario. «Sì», risponde: «purché prendiate la direzione opposta!». Tale infatti è il compito della libertà quale realtà di possibilità in utramque partem che si propone ad ogni istante, che si offre ad ogni Singolo capace di vincere ogni ostacolo e di spezzare ogni vincolo: purché l'uomo lo voglia.
Volerlo però non è compito della filosofia, bensì del rischio per la scelta che non si fa con suono di parole né con alchimia di concetti, ma con sacrificio (Opfer, direbbe Heidegger) di amore e impeto di azione.
Così, e non altrimenti, si può attestare quella libertà della verità che è la verità della libertà da cui siamo partiti: ad essa attendono le seguenti riflessioni in forma di umile proposta, non come traguardo di arrivo ma come punto di partenza per sfuggire al risucchio incombente del nulla e dissipare le folte ombre dell'enigma della morte.
Cornelio Fabro